La sentenza della Corte Suprema potrebbe consentire alle autorità di coordinarsi nuovamente con le piattaforme sociali

La Corte Suprema degli Stati Uniti si è pronunciata sul controverso tentativo di due Stati, il Missouri e la Louisiana, di impedire a funzionari dell'amministrazione Biden e di altre agenzie governative di comunicare con dipendenti di società di social media in merito a disinformazione, interferenze elettorali e altre attività. Piuttosto che stabilire nuove linee guida per le comunicazioni consentite tra queste parti, la corte ha stabilito che i querelanti non hanno la possibilità di sollevare la questione.
Nel caso Murthy, gli Stati (e cinque singoli utenti di social media) hanno affermato che funzionari del CDC, dell'FBI e di altre agenzie governative hanno fatto "pressione" su Meta, Twitter e Google "per censurare il loro discorso in violazione del Primo Emendamento" nel bel mezzo della pandemia COVID e delle elezioni del 2020.
La corte ha scritto in un parere del giudice Barrett che "i querelanti devono dimostrare un rischio sostanziale che nel prossimo futuro almeno una piattaforma limiterà l'espressione di almeno un querelante in risposta alle azioni di almeno un governo convenuto. In questo caso, nella fase dell'ingiunzione preliminare, devono dimostrare che è probabile che riusciranno a soddisfare tale onere". L'avvocato ha definito questo "uno standard elevato".
Sebbene l'ordine del tribunale distrettuale della Louisiana di interrompere i contatti tra le aziende di social media e i funzionari dell'amministrazione Biden sia stato sospeso, il caso ha comunque avuto un impatto significativo sulle relazioni tra queste parti. L'anno scorso Meta ha rivelato che i suoi ricercatori di sicurezza non venivano più informati sulle interferenze elettorali straniere dall'FBI o dalla Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), come era consuetudine. I funzionari dell'FBI avevano anche avvertito che c'erano stati casi in cui avevano scoperto tentativi di influenzare le elezioni, ma non avevano avvertito le società di social media perché dovevano condurre ulteriori verifiche legali dopo la presentazione della causa. Con la sentenza di oggi, sembra possibile che tali contatti siano ora consentiti.
In parte, sembra che la Corte abbia esitato a pronunciarsi sul caso perché potrebbe avere implicazioni di vasta portata per il Primo Emendamento. Uno degli argomenti sollevati dai querelanti era l'affermazione che gli utenti dei social media hanno il diritto costituzionale di interagire con i contenuti ("diritto di ascoltare"). Questa teoria è spaventosamente ampia", ha scritto Barrett, "perché concederebbe a tutti gli utenti dei social media il diritto di fare causa contro la censura altrui". A questa opinione si sono uniti i giudici Roberts, Sotomayor, Kagan, Kavanaugh e Jackson. Il giudice Alito ha dissentito e si è unito ai giudici Thomas e Gorsuch.
Il caso è stato uno dei pochi casi ascoltati dalla Corte Suprema in questa legislatura riguardanti la libertà di parola e i social media. La Corte Suprema si pronuncerà anche su due casi correlati che riguardano leggi statali del Texas e della Florida che potrebbero cambiare il modo in cui le aziende di social media gestiscono la moderazione dei contenuti.

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